ESERCIZI SPIRITUALI DEI DIACONI 2021: CHI L’AVREBBE MAI DETTO?

ESERCIZI SPIRITUALI DEI DIACONI 2021: CHI L’AVREBBE MAI DETTO?

È ormai un’abitudine consolidata per i diaconi nella nostra Diocesi organizzare ogni anno gli Esercizi Spirituali. È un momento molto atteso di ritiro e di rigenerazione spirituale per aprire le porte del cuore e lasciare entrare il soffio dello Spirito. La diaconia si concretizza in dinamiche concrete, ma ha bisogno di una presenza spirituale che sempre va custodita e rinnovata. Grande è stata la delusione lo scorso anno quando è stato inevitabile annullare gli Esercizi Spirituali, già programmati a fine aprile, a causa del lock-down provocato dalla pandemia. Quest’anno il perdurare delle restrizioni anti Covid19 ha impedito ancora una volta la partecipazione agli Esercizi Spirituali in presenza, stimolando di fatto l’Organismo di Coordinamento Diaconi a cercare soluzioni alternative per evitare di perdere ancora una volta l’occasione di una formazione spirituale quantomai opportuna e necessaria. Ed è così che si sono svolti per la prima volta nella storia del diaconato torinese gli Esercizi Spirituali on-line su piattaforma digitale dal 28 aprile al 1° maggio.

Chi l’avrebbe mai detto?

Chi l’avrebbe mai detto che avremmo partecipato agli Esercizi Spirituali davanti ad un computer o ad un telefonino?

Fino a poco più di un anno fa sarebbe stata considerata un’idea assurda e magari anche impossibile da realizzare…

Invece lo Spirito, quando incontra l’intraprendenza degli uomini, non conosce ostacoli e così ci siamo “connessi” ogni sera dalle 19,00 alle 20,30, e l’ultimo giorno anche al mattino dalle 10,00 alle 11,30, in un clima di preghiera e riflessione, guidati dalla competenza biblica del predicatore S.E. Mons. Mario Russotto, Vescovo di Caltanissetta, già docente di Sacra Scrittura presso la Pontificia Facoltà Teologica di Sicilia a Palermo e autore di molte pubblicazioni di carattere biblico-pastorale.

Padre Mario, così lo chiamano nella sua Diocesi, ha condotto con grande perizia un percorso spirituale, che ha voluto intitolare “La diaconia dell’umile amore”, profondo e affascinante attraverso 5 brani evangelici, uno per ogni incontro, da cui ha tratto magistralmente spunto per le sue meditazioni.

  • Nel brano di Lc 18,9-14 emerge il richiamo all’inchino della preghiera. La preghiera autentica consiste nel coraggio di inchinarsi. Il pubblicano sa che la sua vita può cambiare solo con l’intervento di Dio e dunque si inchina per ricevere la tenerezza, la compassione di un Dio che non si dimentica mai di noi. La preghiera ci invita a trattenerci con Colui da cui sappiamo essere amati così come siamo, a disseppellire Dio dalle macerie del cuore e ad abbandonarci al suo abbraccio accogliente.
  • Il brano di Mc 2,1-13 mette in luce il ruolo essenziale dei 4 amici che calano il paralitico dal tetto della casa di Cafarnao per consentirgli di incontrare Gesù. Grazie alla loro fede Gesù può guarire il paralitico e si tratta di una doppia guarigione: la remissione dei peccati (dimensione verticale) e la guarigione fisica (dimensione orizzontale). La fede dei 4 si fa audace e creativa pur di superare ogni ostacolo che separa l’amico paralitico da Gesù. Una fede capace di superare la distanza tra la terra e il cielo, una fede che si trasforma in azione, una fede che nel silenzio genera la vita. Molto stimolante a questo proposito è stato l’invito di Padre Mario a trovare nei 4 personaggi delle analogie con i diaconi. D’altra parte la diaconia altro non è che portare gli uomini a Dio, ma per fare questo occorre essere capaci di portare Dio agli uomini. L’entusiasmo del servizio e la capacità di operare nel silenzio: ecco due chiavi di interpretazione essenziali del ministero diaconale.
  • L’episodio della piscina di Betzaetà di Gv 5,1-9 ha aiutato a riflettere sulla diaconia di prossimità. L’uomo malato da 38 anni è vittima di una disperazione rassegnata e Gesù, vedendolo disteso e sapendo che da molto tempo stava così, gli chiede se vuole guarire. Gesù non ha paura di entrare in contatto con la sofferenza: questo è il diaconato! Lo specifico del diacono è proprio entrare nel carnaio della sofferenza, andando a cercare chi soffre senza aspettare la richiesta di aiuto. Il diacono si realizza soltanto della diaconia della prossimità, prende forza dall’altare e dall’ambone, ma si realizza nella prossimità all’umanità sofferente, mostrando come Dio è più vicino a noi di quanto ci possiamo immaginare. Quando temiamo che non ci sia nessuno che possa aiutarci, lì ci deve essere la Chiesa di Dio, nelle persone dei suoi ministri, che si fa prossimo per restituire fiducia nella vita.
  • Il sale della terra e la luce del mondo, le metafore citate nel brano di Mt 5,13-16, richiamano ad una diaconia di gusto e di luce. Il sale e la luce non esistono per sé stessi, ma solo per dare gusto e illuminare, così anche il diaconato non esiste per sé stesso, ma solo per servire il Signore e i fratelli. La luce non si vede ma consente di vedere intorno a noi, così il servizio del diacono non è quello di apparire, ma dell’essere quello che è, facendo in modo che tutti vedano. Il sale da solo non serve a nulla, ma diventa utile solo perché dà sapore al cibo. I diaconi sono fatti per mescolarsi alla storia e dare un senso, un sapore, con il loro servizio. Si gusta la presenza del sale solo nel suo scomparire, mentre la luce deve consentire di vedere. Allora i diaconi devono illuminare imparando ad esserci scomparendo. Non sono luce autogena, ma lanterne e dunque solo se sono accesi possono fare luce, accesi da Cristo per dare luce alla verità. Quando la lucerna è accesa ci si dimentica di essa, perché ciò che conta è solo la luce che emana. I diaconi sono invitati ad avere nostalgia dei luoghi bui, lì dove non risuona il Vangelo, lì dove non c’è luce, per portare la luce di Cristo dopo averla da lui stesso ricevuta. Quando incontriamo il buio non dobbiamo lamentarci, o scaricare la responsabilità su chi è rimasto al buio, ma accendere la luce, ricordandoci delle parole di Gesù: “Voi siete la luce”.
  • L’incontro di Gesù con Maria di Betania, raccontato nel brano di Gv 12,1-11, è stato l’occasione per ricevere una fine lezione di diaconia da una donna. Maria a Betania sale in cattedra per insegnarci come l’amore autentico non ha misura, la diaconia è uno spreco d’amore. Maria incarna l’amore della creatura umana che risponde all’amore di Dio. La sua diaconia si esprime solo attraverso dei gesti, senza dire una parola, dopo averlo accolto in casa, prende i piedi di Gesù, li cosparge di profumo e li asciuga con i suoi capelli. Sono gesti che evidenziano l’amore donato che si esprime nel servizio. Lei dona quello che ha: l’amore e il profumo, i suoi gesti diventano un’azione liturgica. Qualsiasi diaconia vissuta con amore autentico è sempre una liturgia, non è mai una banale faccenda da portare a termine. A Betania viene celebrata una spiritualità nuziale, non nel tempio, ma nella casa, luogo di incontro quotidiano con il Signore. L’amore gratuito di Maria non si ferma di fronte alla reazione contraria che provoca negli altri, non fa calcoli, non soppesa, chi ama se ne assume i rischi fino in fondo. E soprattutto ama senza misura perché chi ama davvero, ama fino allo spreco diversamente amore non è. La stessa essenza di Dio è amore fino allo spreco: Dio ci ama così tanto da consegnare il Figlio e il Figlio ama così tanto il Padre da svuotarsi fino alla chènosi. Questo è il meraviglioso gioco d’amore tra il Padre e il Figlio, un gioco aperto a cui ogni uomo è chiamato perché ogni uomo ha bisogno di un di più di amore speso fino allo spreco, senza risparmio.

Pur considerando tutti i limiti di una piattaforma web per condividere momenti di spiritualità come questo, nonostante l’istintivo e giustificato scetticismo iniziale il bilancio è stato certamente positivo, si è riusciti a mantenere vivo un clima di silenzio e di riflessione richiamato poi da qualche momento nella giornata successiva che ognuno si è ritagliato per tornare a riflettere sulle sollecitazioni proposte nell’incontro facendole risuonare nella preghiera personale.

Ad ogni incontro si sono registrate mediamente una settantina di connessioni, ma tenendo conto che in molti casi partecipavano anche le spose dei diaconi, il numero dei partecipanti complessivamente ha superato il centinaio di presenze medie.

È indubbiamente importante continuare a sperare di poter vivere al più presto queste esperienze di spiritualità in presenza, ma è altrettanto importante cogliere tutte le occasioni che si presentano per procedere nel nostro cammino di fede, che non si ferma mai, che non conosce lock-down e che deve adattarsi ad ogni circostanza anche quelle più impreviste.

Forse una buona predisposizione d’animo può esserci utile per vivere bene l’incontro con il Signore, a volte ancora di più delle condizioni oggettive esterne a noi.

D’altra parte ogni cosa bella nasce anzitutto dal cuore, lo sappiamo.