Il 27° Convegno della Comunità del diaconato in Italia (Vicenza, 31 luglio – 3 agosto 2019) è frutto della efficace sinergia con la Pia Società san Gaetano, che ricorda il 50° della prima ordinazione diaconale, e della collaborazione con Caritas italiana. Un percorso avviato già con gli organismi CEI col Convegno a Cefalù, con l’Ufficio della pastorale della salute.
Una fruttuosa sinergia
Questa intesa nasce anche dal fatto che ormai in Italia un discreto numero di diaconi ricoprono l’incarico di direttori degli uffici della pastorale della salute e delle Caritas diocesane. Una illuminata scelta di diversi vescovi che hanno voluto scommettere su questo ministero. Collaborazione che si è consolidata con la Caritas in occasione di un seminario di studio su Diaconato e carità che si è tenuto presso la Basilica di San Lorenzo Fuori le Mura a Roma, Sede della Comunità, per i diaconi impegnati presso le Caritas diocesane e parrocchiali.
Pertanto, in continuità con questo percorso, la riflessione del Convegno di quest’anno è stata su “Diaconato – Periferie – Missione. Diaconi dispensatori di carità, custodi del servizio”. Giornate, articolate in tre sessioni: diaconia e carità, diaconia e santità, diaconia e missione.
La scelta del tema si colloca dentro il progetto di Chiesa che papa Francesco sta costruendo con fatica e anche in relazione a quanto i vescovi italiani chiedevano già nel ’93: «Il diaconato può dare i suoi frutti migliori nel contesto di progetti pastorali improntati a corresponsabilità chiamato ad animare e a guidare – non a sostituire – la vivacità degli impulsi che lo Spirito suscita nel popolo di Dio» (ON n. 9).
“In uscita” con fiducia
Francesco vuole una Chiesa povera per i poveri, direi “diaconale”. Una Chiesa in uscita. E, per il papa. “uscire” è più un movimento che una dotazione; non costituisce un’attività particolare accanto ad altre, bensì rappresenta lo “stile”, perciò per i diaconi l’uscire dev’essere la forma unificante del loro ministero. Una provocazione, pervenuta dalle relazioni e dai laboratori, che ci aiuta a cogliere il rapporto di reciprocità e lo stretto legame che esiste tra il ruolo del diaconato e la missione globale della Chiesa.
A detta del card. Bassetti (messaggio ai convegnisti), «il ruolo, la funzione e la figura del diacono sono essenziali, sono al fondamento della nostra comunità ecclesiale; sono la base, direi, del nostro stesso vivere civile. […] Il diacono, mescolandosi alla gente in una miriade di situazioni, è la prima linea della carità, quando si manifesta in gesti concreti di accoglienza e dono, ma è anche la retrovia, quando servire significa rendersi invisibile tra gli invisibili».
In queste parole del presidente della CEI, troviamo per i diaconi una precisa indicazione, un grande compito per il nostro tempo. Si apre, così, una prospettiva nuova per il ministero diaconale: si può uscire con fiducia; si trova l’audacia di percorrere le strade di tutti.
È l’invito carico di forti immagini e suggestioni usato dal card. Tagle, presidente di Caritas internationalis, per spiegare il senso dell’annuncio cristiano. «La porta – dice l’arcivescovo di Manila nel suo intervento – unisce il fuori con il dentro ma, allo stesso tempo, distingue il fuori dal dentro. Attraverso di essa la Chiesa diffonde la grazia e fa conoscere Gesù al mondo; ma da lì riceve le istanze dei poveri». E ancora: «La Chiesa è rinnovata quando il Vangelo della carità, il servizio umano e il grido dei poveri si incontrano alla sua porta. Poi c’è la tavola. Mangiare non è solo una questione di cibo, è riunirsi in una comunità, in famiglia. La tavola è completa quando è imbandita con cibo e storie umane. Una Chiesa rinnovata può essere paragonata ad una grande tavola, dove c’è posto per tutti, dove le risorse della terra vengono condivise, specialmente con le “periferie”. A quella tavola la gente che non ha niente da mangiare, può sedersi con dignità. I poveri non sono i beneficiari del nostro servizio, hanno tanti doni da offrirci». Questo è il “sogno” di papa Francesco, un “sogno” che i diaconi devono fare diventare realtà.
Il papa ci invita, inoltre, ad essere custodi del servizio. Il sottotitolo del tema prende anche ispirazione dal documento dei vescovi italiani su Chiesa italiana e Mezzogiorno: sviluppo nella solidarietà. Un documento troppo presto dimenticato. I presuli scrivono che «bisogna moltiplicare i soggetti, i contenuti e gli spazi per una “ministerialità” di servizio e di liberazione».
Periferie, missione e carità
Per dare compimento a questa ministerialità i diaconi devono essere dispensatori di carità.
Periferie, missione e agape hanno costituito l’orizzonte del Convegno. Ed è attorno a queste tre dimensioni proprie di un ministero diaconale incarnato nel nostro tempo e nei diversi luoghi del vissuto umano che bisogna sviluppare in futuro la riflessione e il confronto, esplorando le potenzialità che il diaconato ha all’interno della Chiesa, nelle comunità.
Però è necessario un cambiamento di mentalità. Occorre una conversione per il compimento di una Chiesa “diaconale”, perché «non possiamo ignorare, soprattutto nel contesto metropolitano odierno, le innumerevoli sfide che vengono quotidianamente sottoposte ai nostri occhi in termini di solitudine, di malattia, di abbandono, di povertà materiale e spirituale, di degrado culturale e, talvolta, di violenza; in queste periferie, nascoste spesso nell’anonimato, tanti nostri fratelli e sorelle attendono segnali di vicinanza e di sostegno, in modo particolare, dai diaconi» (messaggio del card. Stella, prefetto Congregazione clero).
Missione impossibile? Non una missione impossibile, ma una missione diaconale indispensabile. Una missione da realizzare attraverso progetti ad gentes che sono stati proposti ai diaconi e alle loro famiglie da Caritas italiana. «Si tratta, per voi diaconi (ndr) – scrive il card. Turkson – di rendere un servizio integrale della carità teso a ridare dignità alla persona, al di là delle emergenze, secondo una giusta antropologia fondata sui valori evangelici e sulla sana dottrina del magistero. Uomo: corpo e anima, carne e spirito, materiale e spirituale, immanente e trascendente». Per questo «ringrazio in modo particolare i miei fratelli diaconi per il servizio che rendono al popolo di Dio». Una missione per un cammino di inculturazione in un tempo in cui il dolore e le povertà delle periferie dell’esistenza sono sempre più acuti e drammatici e – come denuncia papa Francesco – trasformano milioni di vite in “scarti”.
Rinnovare la pastorale della carità
La diaconia al prossimo, dunque, è chiamata a maturare sempre più la consapevolezza di essere, nel mondo e nelle circostanze attuali, sale della terra e luce del mondo, voce di profezia che, a partire dalle periferie, proclamano la novità del Vangelo (papa Francesco, messaggio al Convegno).
Pertanto, i diaconi devono lasciarsi scuotere da una sana inquietudine, e con essa contagiare gli ambienti in cui vivono e operano anche con le spose e le famiglie, per rinnovare con realismo creativo la pastorale della carità delle comunità e la presenza nella società.
Infine, i diaconi devono guardare il futuro con speranza, per fare della diaconia la via alla santità e dell’appartenenza ecclesiale la forza che apre all’ascolto, all’accoglienza e al dialogo con tutte le identità religiose e sociali.
Accogliamo, dunque, l’esortazione del cardinal De Donatis: «Abbiate sempre a cuore che il vostro servizio ecclesiale trova il suo principale radicamento nella persona e nel ministero del vescovo, chiamato più di qualsiasi altro membro del popolo di Dio a identificarsi con Cristo servo, al servizio della sua Chiesa».
di: Enzo Petrolino