Il diacono e il pellegrinaggio della speranza di Giorgio Agagliati

Il tema del Giubileo 2025, Pellegrini di speranza, ha una declinazione specifica per il diacono e per la coppia diaconale?
È la domanda a cui risponde questo libro, riflettendo dall’interno sull’esperienza del ministero diaconale nella Chiesa e nel mondo, un mondo nel quale il diacono vive pienamente, da celibe o, più frequentemente, da sposato e con famiglia, il che lo rende una figura per certi versi unica.
Il percorso muove dal cuore del tema giubilare, esaminando nella chiave della Speranza e delle speranze contingenti, ma non per questo secondarie per l’esistenza, il ruolo che il diacono è chiamato a giocare nei tre grandi ambiti dell’annuncio, di una carità senza confini e della liturgia.
La risposta alla domanda è positiva, e va oltre l’anno giubilare, perché il “pellegrinaggio della speranza” è ciò che il diacono è chiamato ogni giorno a vivere e ad accompagnare e sostenere in tutti gli ambiti della vita.

L’autore
Giorgio Agagliati (1957), vedovo, due figli, giornalista pubblicista, specialista e docente di comunicazione d’impresa. Dal 2001 è diacono permanente dell’Arcidiocesi di Torino.
Ha una lunga esperienza di pastorale giovanile e di formazione degli adulti. È membro del Consiglio nazionale della Comunità del Diaconato in Italia, della cui rivista “Il diaconato in Italia” è vicedirettore, e del gruppo di progettazione delle Giornate di studio sul Diaconato promosse dalla Pia Società San Gaetano.

Dalla presentazione di Luca Garbinetto:
“La capacità di comunicare non dipende solo dalla professionalità di Giorgio: è un tratto caratteristico del suo essere sposo, padre, diacono, sempre proteso a testimoniare l’amore di Gesù per il suo popolo. Ne risulta una narrazione appassionata, rigorosa dal punto di vista teologico (anche se non si tratta di un manuale di teologia), provocante (nel senso di “chiamare fuori”) per una pastorale missionaria”.
“Il diacono è una sentinella attenta, sveglia: deve scoprire dove sono nascosti i figli e le figlie di Dio che si stanno lasciando morire. Per aiutare tutta la comunità a farsi carico di restituire loro la vita. Come il samaritano lungo la via di Gerico, il diacono si prende cura e coinvolge un intero albergo (la Chiesa) a prendersi cura del malcapitato, vittima dei briganti. Di questo ci parla Giorgio. Non in astratto, ma nemmeno con soluzioni facili e banali. Il ministero del diacono esprime l’identità di una persona, tutta dedita all’altro (come Gesù) perché ha scoperto di essere per primo destinatario della cura di Gesù. Ma il diacono manifesta anche il volto di una comunità, che ha scelto di fare della diaconia la sua cartina di tornasole: o si serve gli ultimi, i feriti a morte, o non si è la Chiesa di Cristo”.

Il percorso del libro:
Il Giubileo 2025 interpella ogni cristiano con il suo focus su una delle tre virtù teologali. Questo ampio spazio comune si declina nella situazione e nello stato di vita in cui ciascuno si trova come “pellegrino sulla terra”. Vale allora la pena che anche il diacono permanente si chieda se e come il tema del Giubileo, “Pellegrini di speranza”, possa avere una dimensione specifica per il proprio essere e per il proprio agire come ministro della Chiesa in questo grado dell’Ordine. E poiché l’assoluta maggioranza dei diaconi permanenti, in tutto il mondo, è composta da uomini sposati, la ricerca di questo specifico non può non riguardare anche la “coppia diaconale”.
Preliminare è liberarsi di una motivazione sbagliata, che spinge talora i diaconi a cercare di individuare un loro specifico: la precomprensione, del tutto errata, di un “ministero incompleto”.
Il percorso muove dal cuore del tema giubilare: la Speranza con la S maiuscola, le speranze contingenti, ma non per questo secondarie per l’esistenza, e la vita come pellegrinaggio, per poi affrontare il nodo della questione: lo specifico del diacono e della coppia diaconale nell’essere “pellegrini di speranza”.
Primo elemento è il racchiudere tutta la vita in un sì: il “sì” del diacono alla vocazione, il “sì” libero e consapevole della sua sposa, il “sì” con cui la Chiesa riconosce la vocazione.
La vita posta nel segno di quel “sì” è del tutto particolare: quella di un ministro ordinato che vive pienamente nel mondo, da celibe o da sposato e con famiglia. Questo lo rende una figura per certi versi unica, caratterizzata, nel senso proprio del carattere sacramentale dell’Ordine, da uno dei due Sacramenti che, sui sette, sono finalizzati a promuovere e sostenere la salvezza degli altri. Per lo sposato e per la coppia, con questa caratterizzazione si fonde quella dell’altro Sacramento orientato alla salvezza altrui: il Matrimonio.
Il secondo elemento dello specifico del diacono e della coppia è la sfida della realtà: vivendo nel mondo, il diacono e la sposa possono, da un lato, agire con piena cognizione di causa in ambiti pastorali quali quello familiare, giovanile, della società e del lavoro e, dall’altro, possono diventare testimoni di una modalità di affrontare nel segno della speranza gli stessi problemi degli altri uomini e delle altre donne. Con una attenzione: non confondere la tensione alla coerenza con una assurda pretesa di perfezione.
Terzo e articolato elemento dello specifico diaconale è una carità senza recinti, una concezione della dedi(ca)zione del diacono alla carità che include tutti e tre gli ambiti del ministero: annuncio, liturgia e servizio ai poveri. Poveri di ogni tipo e di ogni risorsa, non solo quelle materiali: questione fondamentale, perché troppo spesso il diacono viene confinato, o si autoconfina, nei servizi caritativi. Non solo: ciò avviene non di rado nella modalità operativa, molto più che in quella educativa, di orientamento, di animazione di altri, e raggiunge eccessi di coinvolgimento logoranti e mortificanti.
La parabola del Samaritano dimostra che elemento essenziale del servizio al prossimo è l’attivazione di risorse, la costruzione di una rete. La figura di ministro della soglia e del ponte qui viene letta come fonte di ispirazione nel sostenere non solo la Speranza teologale, ma anche le speranze terrene degli uomini e delle donne, sapendo che, pur nella loro relatività e contingenza, giocano un ruolo rilevante nell’aprire o nel precludere la possibilità di guardare alla Speranza con la S maiuscola.
Dal Samaritano attingiamo il verbo com-muoversi. Com-mozione e pellegrinaggio sono accomunati dal movimento, che è prima di tutto moto del cuore orientato a una mèta e animato e sostenuto proprio dalla speranza di raggiungerla.

Giorgio Agagliati
Il diacono e il pellegrinaggio della speranza
Presentazione di p. Luca Garbinetto
ISG Edizioni, Vicenza, 2025, pagg. 220, euro 16,00.
Acquistabile on line sul sito dell’editore (https://www.isgedizioni.com/catalogo-libri/il-diacono-e-il-pellegrinaggio-della-speranza/) e nelle librerie cattoliche (distribuzione San Paolo).